Archivio mensile:febbraio 2015

Ho scelto un piatto inzolito

A Napoli, a cena con amici. E con amici degli amici. Davanti al ristorante c’erano amici di amici che non venivano a cena ma passavano per un saluto. E con loro c’era un amico che era per caso con gli amici degli amici e, giacché c’era, si è aggregato pure lui ai saluti. Li ho baciati tutti, all’andata e al ritorno. A cena poi c’erano solo gli amici e gli amici degli amici. Tra le altre cose, con gli amici e gli amici degli amici ci siamo fatti un po’ anche i fatti degli amici degli amici, che erano passati solo per un saluto, e dell’amico aggregato . Così, tanto per contestualizzarli. Amo Napoli!

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Gli amici quella sera mi avevano portato in un ristorante dalla cucina eccellente. Pochi piatti e perfetti. Che mi hanno rimesso la voglia della cucina terrona. E quando mai l’avevi persa? penserete voi. Gli è vero, non l’ho mai persa, ma dopo quella serata è divenuta più intensa, se è possibile. Sì, perché la cucina napoletana è la cucina di una capitale, ha sempre un tratto di urbana grandezza che alla maggior parte delle cucine terrone manca. E noi terroni provinciali e campagnoli (l’Aruzzo era considerato poco  più che una terra di orsi e di lupi) di fronte ai fasti della capitale restiamo sempre a bocca aperta, e vogliamo pure noi provarci ad esserlo un po’ della capitale, è famoso. Se no che capitale sarebbe?

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Pasta campana, e campana con cicirchiata

 

Pasta con la Genovese, piatto inzolito

Ingredienti per il sugo (per 4 persone; attenzione, però, è una dose napoletana, quindi ci mangiate almeno in 8):

  • 1,5 Kg di polpa di manzo (ho usato il Cappello del prete; a Napoli usano soprattutto il Lacerto. Non ho osato chiederlo alle macellerie di qui, perché ogni volta che in passato qui ho chiesto un taglio coi nomi di giù, mi sono dovuto intrattenere in discussioni ipertecniche coi vari macellai, ma stavolta non avevo tempo. Magari avrei scoperto che il Lacerto qui in Lombardia si chiama Lasert, e ci avrei messo cinque minuti, ma tant’è. Comunque, il Cappello del prete va benissimo);
  • 1,4 Kg di cipolle rosse di Tropea (cioè dolci. Quest’ultimo è un dettaglio fondamentale. Se non sono di Tropea e sono dolci vanno bene lo stesso);
  • una carota;
  • una costa di sedano;
  • 4 cucchiai di ottima passata di pomodoro;
  • olioextravergined’oliva;
  • vino bianco;

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Ingredienti per la pasta:

  • pasta liscia (e mi raccomando LISCIA!) di ottima qualità, tipo zite, paccheri o candele, e basta. Se è pasta campana è meglio.

Preparazione:

Taglierete finemente la carota e il sedano, e li farete soffriggere in una tegame (meglio se di coccio o di ghisa) con dell’olio d’oliva extravergine fino a quando non diventeranno morbidi e trasparenti. Nel frattempo affetterete sottilmente le cipolle: col coltello, se vorrete versare fiumi di lacrime, con un robot da cucina se vorrete commuovervi di meno (ma solo un po’ di meno). Taglierete a pezzi grossi la carne.

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Quando le carote e il sedano saranno appassiti per bene, li sfumerete con del vino bianco. Indi, porrete nel tegame la passata di pomodoro, i pezzi di carne e le cipolle. Sfumerete ancora con del vino. Coprirete con un coperchio pesante e farete cuocere a fuoco molto dolce per circa 3 ore, rimestando di quando in quando. Il coperchio pesante è importante per permettere alla carne e alle cipolle di stufarsi tirando fuori (propr. “cacciando”) i loro liquidi. Importante il coperchio pesante è pure perché ripara un filo la vostra casa e tutto il suo contenuto umano, animale, vegetale e inerte dal profumare di cipolla per settimane.

IMG_2244Dopo circa tre ore, le cipolle si saranno sfrante e il sugo sarà quasi diventato una crema rosata. Aggiusterete di sale. Toglierete la carne e la metterete al caldo da parte, mentre continuerete a far cuocere il sugo, facendolo ritirare fino a formare una crema.

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Il giorno dopo, o anche più, lesserete della pasta liscia, e la condirete col sugo della Genovese. Tanto sugo, mi raccomando. Servirete poi con sopra scaglie di parmigiano, o, se preferite, di buon pecorino, o uno dei due formaggi grattugiati. Ma che siano abbondanti, la cucina napoletana non conosce giansenismi (e per fortuna!). Non guasterà una lieve tritata di pepe. La carne, anch’essa inondata del suo sugo, la mangerete per secondo. O la terrete per un altro giorno, magari da mangiare con della polenta (cosa che ho fatto qualche giorno dopo. Ah, Les goûts réunis).

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«Addio, mia nella Napoli…». Il Pitone domestico ha gradito questo ennesimo interronimento della nostra cucina lombarda (intesa come luogo, va da sé). Un grazie di cuore a L., C., S., F. e b13ne, gli amici e gli amici degli amici. Senza di loro, gli amici degli amici degli amici, e i fatti degli amici degli amici degli amici, la serata al ristorante non sarebbe stata la stessa, non avrei ritrovato questo piatto, e Napoli l’avrei sempre amata, sì, ma mi sarei divertito molto di meno. A b13ne devo poi anche consigli fondamentali per la ricetta. Spero a presto, nella capitale, s’intende.

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Ciomp!

 

Ogni blog serba un mistero

I principi del Rinascimento avevano sempre agenti nei posti giusti. Nelle corti vicine, in quelle lontane, nelle città, purché ricche. Gli agenti riferivano su tutto quanto accadesse di interessante. Dalle loro scrivanie i principi ricevevano resoconti dettagliatissimi (e spesso spietati) su accadimenti e persone giudicati degni di nota: dalle visite di stato, alle cerimonie più o meno ufficiali, alle feste, a quante volte il tal sovrano aveva visitato di notte la sua legittima consorte o, soprattutto, le sue illegittime concubine, quanto tempo vi si era intrattenuto e perfino argomento ed evenutale esito di codeste “conversazioni”. Dagli agenti ricevevano poi le cose migliori in giro da quelle parti. Ogni sorta di beni e servitori: stoffe, libri, musica, reliquie, gioielli, musicisti, artisti, dipinti, nani, spezie, cibi speciali, animali esotici.

Non sono un principe del Rinascimento. Sono però un figlio unico, e il Pitone mi dice sempre che per questo ho una spiccata propensione a usare le persone che mi sono intorno, portandole, con garbo, a fare cose per me. Come un principe del Rinascimento. Be’, a dirla tutta, il Pitone si serve di espressioni meno lusinghiere quando esagero nella mia rinascimentalità principesca, ma non bisogna svelare proprio proprio ogni particolare di questo.

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Dunque, qualche tempo fa il Pitone era per lavoro a Lucca. Non ho resistito dall’usarlo come agente. Laggiù nella Toscana, terra di sogni e di legumi, il Pitone non avrebbe avuto difficoltà nel procurarmi quanto qui, in terra di Lombardia, è meno consueto: fagioli, ceci, lenticchie, farine di castagne di primissima qualità. Ecco, questa era la mia richiesta “principesca”. Il Pitone si è prestato con affetto e un filo rassegnazione (ormai gli tocca, lo sa), e, per amore, si è prestato anche a chiedere da chi andare. Questa è l’unica grande differenza con gli agenti rinascimentali: quelli sapevano già tutto. Ma che volete (sospiro), i tempi per noi poveri principi sono cambiati, e da un pezzo, ahimè.IMG_1983

Sempre per restare in zona. Il Pitone-agente ha scoperto, chiedendo, il negozio giusto. Ha comprato i faglioli e la farina di castagne giusti. Ma ha scordato il nome dei fagioli. Non ci sono più gli agenti di una volta, com’è vero! Che faglioli sono? Il Pitone si ricorda solo che finiscono in -ini. Capirai, siamo a cavallo, in Toscana qualsiasi cosa finisce in -ini. Con che fagioli avrò fatto la pasta non lo saprò mai. Che dire? ogni blog serba un mistero… (anche per il suo autore).

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Pasta e fagioli (misteriosi) in -ini

Ingredienti (per 4 persone)

Per la pasta:

  • 5 pugni di semola di grano duro;
  • 1 pugno di ottima farina di castagne;
  • acqua, sale.

Per la salsa:

  • fagioli misteriosi in -ini (300 gr.);
  • sedano, carote e cipolla;
  • 2 cucchiai di passata di pomodoro;
  • olio extravergine d’oliva;
  • sale.

Preparazione

Per la pasta:

mescolerete bene le farine, aggiungendo loro un pizzico di sale. Se vorrete le setaccerete, è meglio, specie con quella di castagne. Non è necessario, tuttavia; io non l’ho fatto. Basta stare molto attenti nella fase dell’impasto. Sulla spianatoia disporrete le farine a fontana, inizierete a versare dell’acqua al centro e ad impastare con le mani o con una forchetta. Proseguirete fino ad ottenere una massa omogenea ma non troppo morbida. Continuerete ad impastare per almeno un quarto d’ora, in modo da amalgamare bene le farine. L’impasto senza uova è sempre resistente alla manipolazione e poco elastico, ma è fondamentale lavorarlo bene e a lungo. C’è bisogno di energia, tempo e pazienza, come sempre.

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Ottenuto l’impasto giusto, lo porrete a riposare sotto un bacile di ceramica per una mezz’ora, poi procederete a tirare la sfoglia col mattarello, fino ad ottenerne una di pochi millimetri di spessore. Lascerete a ripostare anche questa, disponendola su un canovaccio, per un’ora. Passato il tempo necessario, la taglierete a strisce. Otterrete quelle che dalle mie parti si chiamano sagne o sagnette. Ho fatto qualcosa di simile, ma non proprio quelle.

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Per la salsa:

metterete a bagno i fagioli misteriosi in -ini per una notte. Al mattino li scolerete, sciacquerete, e li porrete in una pignatta (aka pentola di terracotta atta alla cottura dei legumi) con acqua pari al doppio del loro volume, l’olio, il pomodoro e il trito di carote sedano e cipolla. Avrete nel frattempo acceso il camino, e collocherete poi la pignatta coi fagioli accanto al fuoco. Di tanto in tanto controllerete che i liquidi non si siano troppo ritirati; nel caso aggiungerete acqua bollente, o, meglio, brodo (vegetale o meno) anch’esso bollente. Aggiusterete di sale quando i fagioli saranno quasi pronti. Occorreranno alcune ore per la cottura nel camino. Ovviamente otterrete lo stesso effetto (la cottura) anche usando comuni fornelli. Ma che principi rinascimentali sareste così?

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Metterete poi a bollire dell’acqua in una pentola capiente. Farete lessare la pasta, scolandola con una schiumarola pochissimo dopo che sarà salita in superficie. Condirete il tutto con il sugo di fagioli, facendo attenzione ad essere particolarmente generose/i. Quando la pasta è tirata col mattarello assorbe molto sugo, e se questo è scarso o troppo asciutto, il tutto viene fuori una “mappazza” che i prinicpi rinascimentali avrebbero molto deprecato.

IMG_1954Ecco la pasta e fagioli misteriosi in -ini.

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Un pranzo da principi. Grazie al Pitone domestico, e alla sua pazienza coi figli unici.

IMG_1981Ciomp!