A Napoli, a cena con amici. E con amici degli amici. Davanti al ristorante c’erano amici di amici che non venivano a cena ma passavano per un saluto. E con loro c’era un amico che era per caso con gli amici degli amici e, giacché c’era, si è aggregato pure lui ai saluti. Li ho baciati tutti, all’andata e al ritorno. A cena poi c’erano solo gli amici e gli amici degli amici. Tra le altre cose, con gli amici e gli amici degli amici ci siamo fatti un po’ anche i fatti degli amici degli amici, che erano passati solo per un saluto, e dell’amico aggregato . Così, tanto per contestualizzarli. Amo Napoli!
Gli amici quella sera mi avevano portato in un ristorante dalla cucina eccellente. Pochi piatti e perfetti. Che mi hanno rimesso la voglia della cucina terrona. E quando mai l’avevi persa? penserete voi. Gli è vero, non l’ho mai persa, ma dopo quella serata è divenuta più intensa, se è possibile. Sì, perché la cucina napoletana è la cucina di una capitale, ha sempre un tratto di urbana grandezza che alla maggior parte delle cucine terrone manca. E noi terroni provinciali e campagnoli (l’Aruzzo era considerato poco più che una terra di orsi e di lupi) di fronte ai fasti della capitale restiamo sempre a bocca aperta, e vogliamo pure noi provarci ad esserlo un po’ della capitale, è famoso. Se no che capitale sarebbe?
Pasta con la Genovese, piatto inzolito
Ingredienti per il sugo (per 4 persone; attenzione, però, è una dose napoletana, quindi ci mangiate almeno in 8):
- 1,5 Kg di polpa di manzo (ho usato il Cappello del prete; a Napoli usano soprattutto il Lacerto. Non ho osato chiederlo alle macellerie di qui, perché ogni volta che in passato qui ho chiesto un taglio coi nomi di giù, mi sono dovuto intrattenere in discussioni ipertecniche coi vari macellai, ma stavolta non avevo tempo. Magari avrei scoperto che il Lacerto qui in Lombardia si chiama Lasert, e ci avrei messo cinque minuti, ma tant’è. Comunque, il Cappello del prete va benissimo);
- 1,4 Kg di cipolle rosse di Tropea (cioè dolci. Quest’ultimo è un dettaglio fondamentale. Se non sono di Tropea e sono dolci vanno bene lo stesso);
- una carota;
- una costa di sedano;
- 4 cucchiai di ottima passata di pomodoro;
- olioextravergined’oliva;
- vino bianco;
Ingredienti per la pasta:
- pasta liscia (e mi raccomando LISCIA!) di ottima qualità, tipo zite, paccheri o candele, e basta. Se è pasta campana è meglio.
Preparazione:
Taglierete finemente la carota e il sedano, e li farete soffriggere in una tegame (meglio se di coccio o di ghisa) con dell’olio d’oliva extravergine fino a quando non diventeranno morbidi e trasparenti. Nel frattempo affetterete sottilmente le cipolle: col coltello, se vorrete versare fiumi di lacrime, con un robot da cucina se vorrete commuovervi di meno (ma solo un po’ di meno). Taglierete a pezzi grossi la carne.
Quando le carote e il sedano saranno appassiti per bene, li sfumerete con del vino bianco. Indi, porrete nel tegame la passata di pomodoro, i pezzi di carne e le cipolle. Sfumerete ancora con del vino. Coprirete con un coperchio pesante e farete cuocere a fuoco molto dolce per circa 3 ore, rimestando di quando in quando. Il coperchio pesante è importante per permettere alla carne e alle cipolle di stufarsi tirando fuori (propr. “cacciando”) i loro liquidi. Importante il coperchio pesante è pure perché ripara un filo la vostra casa e tutto il suo contenuto umano, animale, vegetale e inerte dal profumare di cipolla per settimane.
Dopo circa tre ore, le cipolle si saranno sfrante e il sugo sarà quasi diventato una crema rosata. Aggiusterete di sale. Toglierete la carne e la metterete al caldo da parte, mentre continuerete a far cuocere il sugo, facendolo ritirare fino a formare una crema.
Il giorno dopo, o anche più, lesserete della pasta liscia, e la condirete col sugo della Genovese. Tanto sugo, mi raccomando. Servirete poi con sopra scaglie di parmigiano, o, se preferite, di buon pecorino, o uno dei due formaggi grattugiati. Ma che siano abbondanti, la cucina napoletana non conosce giansenismi (e per fortuna!). Non guasterà una lieve tritata di pepe. La carne, anch’essa inondata del suo sugo, la mangerete per secondo. O la terrete per un altro giorno, magari da mangiare con della polenta (cosa che ho fatto qualche giorno dopo. Ah, Les goûts réunis).
«Addio, mia nella Napoli…». Il Pitone domestico ha gradito questo ennesimo interronimento della nostra cucina lombarda (intesa come luogo, va da sé). Un grazie di cuore a L., C., S., F. e b13ne, gli amici e gli amici degli amici. Senza di loro, gli amici degli amici degli amici, e i fatti degli amici degli amici degli amici, la serata al ristorante non sarebbe stata la stessa, non avrei ritrovato questo piatto, e Napoli l’avrei sempre amata, sì, ma mi sarei divertito molto di meno. A b13ne devo poi anche consigli fondamentali per la ricetta. Spero a presto, nella capitale, s’intende.