L’anno scorso avevo scritto un post dedicato alle mortificazioni alimentari che la Quaresima storicamente impone tra il Carnevale e la Pasqua, e, soprattutto, alle innumerevoli variazioni del “mangiare di magro” che di quelle mortificazioni si sono fatte sempre allegramente un baffo, escogitando ogni sistema per allietare comunque la mensa e confortare la gola in quei lunghi giorni della purificazione che non passano mai. In angustiis, si sa, l’ingegno si è sempre attivato per cercare di godere senza peccare. Se la carne non si può, non resta che volgersi al pesce… “Se uno ne perdete, vi restan tutti gli altri…” Despina si riferiva agli uomini, indicando a Fiordiligi e Dorabella vie alternative alle gramaglie in attesa del ritorno dei loro fidanzati; lo stesso vale in cucina: l’assenza della carne non significa certo che a tavola poi ci si debba mortificare per davvero (come al funerale di Buoso Donati, ma questa gl’è un’altra storia).
Sono rimasto a Vienna nelle feste appena passate, e volevo cogliere l’occasione per festaggiare con amici anche loro nella capitale. Il calendario dei festeggiamenti è stato a dir poco singolare, con una cena di Pasqua al posto del pranzo e con un pranzo del Pasquone al posto di una scampagnata (che qui, comunque, non usa). Il Pasquone è quello che tutti in genere chiamano Pasquetta. Dalle mie parti si chiama così, e mi piace continuare a chiamarlo Pasquone, nome che indica una festa ancora più grande e godereccia di quella del giorno prima, non una sua sorella minore e sfigatella.
Per un Pasquone viennese mi ci voleva un piatto (anche) viennese. Ho pensato allora ad una Mehlspeise, una delle cose più esotiche della cucina transalpina per noi Italiani. Sì, le Mehlspeisen sono piatti dolci che si mangiano a pranzo, sostituendo il menu del mezzogiorno. Ce ne sono molte. Una in particolare ha da sempre attratto la mia curiosità: il Germknödel, e lo scorso Pasquone mi sono buttato su quello.
La prima volta che lo vidi, il Germknödel, ne rimasi addirittura turbato. Era circa vent’anni fa, quando ero qui a Vienna per studio. A mensa vedevo di tanto in tanto studenti e professori pasteggiare con un grosso gnocco cosparso di quella che sembrava essere cenere. Io li e lo guatavo circospettissimo, prima di provare anch’io, ma non in mensa, quella che poi si rivelò una prelibatezza. Si tratta di uno Knödel, quindi di quello che chiameremmo “gnocco”, con il Germ, cioè il lievito (in Germania lo chiamano Dampfknödel, e il lievito lo chiamano Hefe). Per me, che abitualmente non vivo qui, era qualcosa di strano pranzare con un dolce, ma poi, presto ci ho fatto l’abitudine, e se sono da queste parti non perdo mai l’occasione per una bella Mehlspeise a pranzo (poi però cammino per pomeriggi interi sottozero, vista la carica di energie, come l’anno scorso in gennaio dopo un peccaminosissimo Kaiserschmarrn al Café Tirolerhof, gnamm!).
Germknödel
Ingredienti (per 6/8 persone):
1) per il lievitino:
– 5 cucchiai di latte intero;
– 1 cucchiaino da the di zucchero;
– 1 panetto di lievito di birra;
– 50 gr di farina 00.
2) per l’impasto:
- 250 ml di latte intero;
- 500 gr di farina 00;
- 60 gr di zucchero;
- 70 gr di burro;
- 1 uovo intero e un tuorlo;
- la buccia grattugiata di un limone;
- una presa di sale;
- una stecca di vaniglia;
- zucchero a velo;
- semi di papavero macinati;
- burro.
3) per il ripieno:
- Powidl: una composta di prugne tipica della cucina viennese e della Mitteleuropa in genere. La sua caratteristica principale è l’assenza di zucchero e una cottura molto lunga. Se ce l’avete, bene, altrimenti sostituitela pure con la composta o la marmellata che preferite.
Preparazione.
Preparerete il lievitino, scaldando il latte fino a circa 40° (immergendo il dito lo sentirete caldo), e rompendoci dentro il lievito di birra. Aggiungerete gli altri ingredienti, da ultimo la farina, mescolando sempre con cura. Con l’impasto formerete una pallina, che infarinerete, e porrete a lievitare per circa una decina di minuti coperta da un tovagliolo e in un luogo protetto (il classico forno spento).
Nel frattempo scioglierete il burro in un pentolino a bagnomaria, aggiungendo a questo lo zucchero (in cui avrete mescolato i semi di mezza bacca di vaniglia), le uova, il latte, la buccia di limone, la presa di sale, avendo cura di rimestare con costanza, fino ad ottenere un liquido omogeneo.
Verserete la farina in una ciotola capiente, farete la fontana al cui centro porrete i lievitino. Verserete il burro con lo zucchero le uova ecc. nella fontana, e inizierete ad impastare con energia, fino a formare un impasto morbido e liscio. Se l’impasto risultasse troppo appiccicoso, potrete aggiungere dell’altra farina.
L’impasto dovrà lievitare per una mezz’ora, fino a quando non sarà raddoppiato di volume. A questo punto ne prenderete delle parti grandi come un pugno, e le stenderete con le mani fino a formare dei cerchi di una quindicina di centimetri di diametro e spessi circa un centimetro (come nella foto), al cui centro metterete alcuni cucchaini di Powidl, o della composta/marmellata che preferite. Chiuderete formando gli Knödel, facendo attenzione a chiuderli per bene, donando loro una forma tondeggiante, come delle pagnottine.
Farete lievitare per un’altra mezz’ora, fino a quando il loro volume sarà raddoppiato. Nel frattempo porrete sul fuoco una pentola con dell’acqua a bollire. Salerete con generosità a bollore iniziato.
Metterete gli Knödel in un cestello per la cottura al vapore, o in uno strofinaccio ben teso, fissato in qualche modo alla pentola, e lascerete cuocerete con bollore dolce per 25 minuti.
Ecco, i Germknödel sono pronti! Li estrarrete e li condirete con poco burro fuso, e abbondanti manciate di zucchero a velo mescolato a papavero macinato (quella che a me sembrava cenere!).
Così è cominciato il mio Pasquone 2015. Sarebbero venuti a pranzo un Olandese, una Tedesca e un Austriaco. Sembra l’inizio di una barzelletta. E un po’ una barzelletta è stato questo Pasquone 2015 con il Germknödel. Allora, per prima cosa è stato audace da parte mia fare la cucina viennese a persone del luogo, o assimilabili a quelle del luogo, o che vivono qui da tempo. Nessuno degli ospiti (ma nemmeno delle persone che conosco) aveva mai fatto i Germknödel a casa, anzi, non se l’era manco mai sognato, visto ch se ne vendono di surgelati comodissimi, e tutti erano molto incuriositi dal fatto che fossi stato proprio io a prepararli. Le cose sono andate prima male, poi bene. Nel senso che i primi Germknödel sono esplosi, rilasciando scie bollenti di Powidl ovunque. Più che uno Knödel, sembrava di avere nel piatto il prodotto di un’eruzione vulcanica con tanto di ceneri, lapilli e lava bollente alla prugna.
Poi le cose, come vi ho detto, sono andate meglio, per fortuna. Ma qui è venuta fuori la notizia inaspettata. L’ospite tedesca mi ha fatto notare come fosse per lei molto strano trovarsi il lunedì di Pasqua per un piatto quaresimale. Prego? Che cosa c’è di quaresimale nel Germknödel??? E lei che con pazienza mi spiega che le Mehlspeisen in generale sono un tipico piatto della Quaresima, perché permettevano un pranzo sostanzioso, pur in assenza di carne. E io che pensavo che fossimo solo noi Italiani ad avere escogitato piatti “di magro” sibaritici, mentre a nord delle Alpi si scatenavano con lussuriose bombe di prugna, burro e papavero. Hai capito tu! Eh, «Hab’ in Vienna mich noch nicht ganz so akklimatisiert»! (da 1.22).
Allora è scattato l’approfondimento, e così mi sono imbattuto in un documento d’epoca, un libro di cucina dei primi dell’800 in cui le cose si ammettono con un candore che fa tenerezza (o rabbia, scegliete voi): è l’Almanach für Leckermäuler oder Küchen- und Tafelkalender, versione/adattemento tedesco del celebre Almanach des gourmandes di Alexandre Balthazar Laurent Grimod de La Reynière, pubblicato a Vienna nel 1804. Il titolo della versione tedesca suona piùo meno così: Almanacco pei golosi o il calendario della cucina e della tavola. Il capitolo dedicato alle Mehlspeisen chiude il mese di marzo, e vi si scrive che queste sono di fatto una necessità, in Quaresima, visto che gli spinaci sono spariti, le carote ormai legnose, e ci sono solo le patate (p. 119). Quindi, visto che carne non ce n’è, ci si dà alla pazza compunzione con i dolci. E si sottolinea il marameo alla religione con una poesia conclusiva sulle ghiottonerie quaresimali con cui si espiano i peccati leccandosi i baffi (p. 120).
Pensando di fare un bel Pasquone, avevo esteso la Quaresima di due giorni. Dovevo recuperare in golosità come si deve, e non solo con piatti (finto) penitenziali.
Allora, con la pasta dei Germknödel avanzata (le dosi sono per 6/8, noi eravamo in 4) ho pensato di fare una treccia pasquale, quella con cui qui, ma anche in tutto il mondo tedesco e non solo, si fa colazione la mattina di Pasqua. Solo che non era più Pasqua quando l’ho mangiata, ma il martedì successivo a colazione…
… con marmellate viennesi di Marillen (albicocche), Erdbeeren (fragole), e, naturalmente, Powidl.
ciomp!
burp!